La data di nascita ufficiale dei Bersaglieri ciclisti è il 15 Marzo 1898. Quel giorno, infatti, si ordinarono presso la scuola centrale di tiro a Parma un gruppo di uomini scelti nei dodici reggimenti riuniti apposta per formare la prima compagnia di questa autentica specialità nella specialità. I Bersaglieri che avevano contribuito in modo determinante all’eroica epopea risorgimentale, erano da tempo un Corpo perfettamente organizzato che, per preparazione, spirito d’iniziativa e capacità si era posto all’attenzione di tutti come la formazione più avanzata e moderna dell’esercito Italiano. Era perciò logico che gli uomini dal fez cremisi guardassero con il massimo interesse alla profonda trasformazione tecnologica e industriale che stava letteralmente cambiando il volto dell’Italia. Se il Corpo dei Bersaglieri era stato voluto da La Marmora come una fanteria agile, facile e veloce a spostarsi e a colpire, equipaggiare i fanti piumati di bicicletta significava decuplicare la loro funzione tattica.

Il 23 giugno 1875 alcuni soldati del presidio di Milano, fra cui sette bersaglieri dell’8°, partecipano (a titolo personale) ad una corsa su velocipede. Così era chiamato un derivato a due ruote della Draisine (1818) e della sua versione aggiornata il biciclo Michaux (1855). In pratica si trattava di una bicicletta, coi pedali sulla ruota anteriore, d’altezza al mozzo o raggio di 60 cm circa e della metà la posteriore.
Un giovane ufficiale dei Bersaglieri, il tenente Luigi Camillo Natali, si era in particolare appassionato a quel nuovo mezzo di locomozione a due ruote che l’industria aveva appena messo a punto, perfezionando via via i primi rudimentali bicicli. Era nata la bicicletta e un giovane meccanico milanese, Edoardo Bianchi, era stato fra i primi ad intuirne le enormi possibilità di mercato; aveva attrezzato la propria officina per produrre un certo numero di esemplari. Ad un certo punto il tenente Luigi Camillo Natali aveva anche inviato allo stato maggiore, a Roma, una dettagliata relazione che per lungo tempo non aveva avuto risposta. La bicicletta, per quanto moderna e indiscutibilmente utile, era tuttavia considerata da taluni un mezzo di trasporto poco dignitoso. In quegli anni se un ufficiale dell’esercito veniva sorpreso a cavalcioni di una bicicletta, rischiava perfino di finire agli arresti.
Luigi Natali era un ufficiale, ma era anche un appassionato di ciclismo e un convinto sostenitore del nuovo veicolo. Aveva addirittura proposto al ministero della difesa che, in caso di richiamo alle armi, i cittadini fossero autorizzati a presentarsi ciascuno con la propria bicicletta per dar luogo alla formazione di reparti speciali. Le insistenze del tenente Natali, ebbero finalmente presa e trovarono nel generale Carlo Ferraris, comandante della scuola centrale di tiro di Parma, un ascoltatore prima comprensivo, poi addirittura entusiasta. Natali, che era stato nel frattempo promosso capitano, venne incaricato di formare una prima compagnia sperimentale di Bersaglieri ciclisti. Era il 15 Marzo 1898, data che rimarrà negli annali della storia della specialità. Alla scuola di tiro di Parma l’addestramento dei Bersaglieri ciclisti era particolarmente duro e accurato. L’inserimento stesso della specialità nei ranghi dell’esercito rendeva indispensabile preparare gli uomini in modo del tutto particolare. Dovevano sottoporsi ogni giorno a esercitazioni che avrebbero demoralizzato chiunque non fosse già passato, come loro, attraverso la severa routine del normale addestramento del corpo. C’erano ostacoli del tutto nuovi da superare: era essenziale sapersi spostare celermente con la bicicletta e, giunti in postazione, altrettanto celermente esser pronti a sparare con efficacia e precisione.
I programmi di addestramento erano tali che chi entrava nel Corpo dei Bersaglieri non poteva non diventare un ciclista di prim’ordine. Le esercitazioni imposte dagli istruttori non ammettevano defaillances: 110-120 chilometri al giorno alla media di 15 chilometri l’ora, su una bicicletta che pesava, da sola , 26 chili e che, per i mitraglieri, arrivava a oltre 40 chili. La mitragliatrice, una Fiat 14, era così divisa: il treppiede su una bicicletta, l’arma con canna e manicotto di raffreddamento su un’altra, il bidone a pompa, per l’acqua, sulle spalle di un terzo Bersagliere. Con il passare degli anni la specialità andò perfezionandosi sempre più. Il discreto successo da inizio ai primi esercizi individuali che si svolgono su terreno piano e a seguire in discese, fossi e terrapieni. Per ultimo viene l’esercizio d’insieme detto “ordine chiuso”. Si parte impugnando con forza il manubrio. Fatti due passi di corsa e slanciata la gamba destra all’indietro s’inforca d’un balzo la sella. La posizione in sella deve essere col busto leggermente inclinato in avanti, la testa alta, le braccia distese, le ginocchia ravvicinate, i talloni più bassi delle piante dei piedi di circa 2 cm. Le regole dell’aerodinamica!

Dopo le prime dimostrazioni pratiche dell’utilità di una fanteria altamente specializzata e capace di rapidi spostamenti , il maggiore Giuseppe Cantù intuì quale futuro poteva avere la bicicletta nell’esercito di allora. La rivoluzione industriale aveva mutato profondamente tattica e strategia: i cannoni, le armi automatiche, gli ampi volumi di fuoco avevano ormai assunto un’importanza preponderante sulle ormai anacronistiche schermaglie dei reparti ottocenteschi. Adesso, più che mai, la fanteria era la vera “regina delle battaglie”. Ma doveva essere una fanteria addestrata a muoversi rapidamente con i propri mezzi. I grossi calibri potevano devastare, spianare ferocemente truppe, mezzi e località nemiche, ma il possesso di una posizione, la conquista vera e propria era determinata solo con la posa del piede umano sull’obiettivo prescelto. Alla luce di queste considerazioni Cantù, dopo aver riunito e comandato il primo battaglione provvisorio di Bersaglieri ciclisti, suggerì di dotare ogni reggimento di un analogo battaglione. Ma dopo la prima guerra mondiale tutti e dodici i reggimenti tradizionali furono montati in bicicletta. Solo il 9° reggimento, del colonnello Messe, fu costituito da due battaglioni a piedi e uno in bicicletta. Fu Natali a gettare le basi dei regolamenti , dei programmi di istruzione e di addestramento e a mettere a disposizione dell’industria la sua esperienza per il perfezionamento della bicicletta da Bersagliere che era, non dimentichiamolo, una bicicletta del tutto particolare. Allo scoppio della prima guerra mondiale si forma a Milano il 1° battaglione volontari ciclisti che offrirà il suo primo sangue sul Monte Altissimo nell’azione del Doss Casina. In appena 6 mesi il reparto ebbe 72 morti, 93 mutilati, 20 feriti, 212 decorati al valor militare, 379 nomine ad ufficiale sul campo, due medaglie d’oro.
LA BICICLETTA
La bicicletta da Bersagliere “CARRIOLA” un emblema che rimarrà inscindibilmente legato alla STORIA ed alla TRADIZIONE CREMISI. Le caratteristiche principali: telaio pieghevole del peso di 14 Kg. con appositi attacchi e relative cinghie per il trasporto a spalla; ruote di piccole dimensioni per maggior maneggevolezza e gomme piene antiforatura; due ammortizzatori sulla ruota anteriore e uno sulla forcella posteriore per compensare la rigidità delle gomme piene; freno anteriore a bacchetta interno al telaio (per non essere intralciato da eventuali carichi); trasmissione a catena a scatto fisso. Con la riorganizzazione dell’esercito del ’23 vennero ordinate alla nuove biciclette alla Bianchi che produsse il modello 1924 seguito dal definitivo modello 1925, in pratica un modello 1912 con alcune modifiche quali lo snodo della forcella posteriore sostituito da una lamina d’acciaio e il “cambio” costituito da due ingranaggi diversi posti ai due lati della ruota. Successivamente venne anche realizzato il modello 1934 con mezzi parafanghi, i due ingranaggi del cambio dalla stessa parte e un disegno diverso della ruota dei pedali.

I due modelli rimasero in uso fino alla RSI per poi essere sostituiti definitivamente nel dopoguerra dalle moto e dagli autocarri. L’affardellamento della bicicletta da truppa secondo il manuale del 1939, in guerra era il seguente:
- un paio di spallacci di cuoio per bicicletta
- un moschetto ’91 TS con custodia
- uno zainetto triangolare centrale
- una custodia a sacca sul porta mantellina posteriore
- una gavetta con coperchio e fodera
- un attrezzamento da zappatore
- un telo da tenda con relativo bastone
L’EVOLUZIONE DELLA BICICLETTA DEI BERSAGLIERI CICLISTI
Nel 1887 alla rivista militare di Rubiera ogni reggimento ha tre biciclette della ditta Turri e Porro di Milano. Nel 1892 vede la luce, con scarso successo, la prima bicicletta pieghevole. Si trattava di un telaio pieghevole: allentando pochi morsetti il mezzo veniva agevolmente piegato in due e, con appositi “spallacci”, collocato sulle spalle in pochi secondi. Era stato previsto lo spazio per la sistemazione del moschetto: al centro del velocipede, in uno zainetto studiato apposta, trovavano sistemazione tutti gli oggetti prescritti dell’equipaggiamento. Dietro il sellino era stato ricavato lo spazio per il porta-mantellina.

Nella creazione di questa bicicletta si era semplificata al massimo la parte meccanica per consentire riparazioni e sostituzioni di pezzi di ricambio anche a chi fosse stato completamente negato per questo genere di cose. Quali furono i principali problemi tecnici che dovette superare la bicicletta? E’ indubbio che le gomme pneumatiche facilitino la corsa, ma nel fuoristrada e nell’uso militare la foratura è un inconveniente irrisolvibile in tempi brevi. Si ritorna pertanto al tubolare pieno o semipieno. Il pignone fisso viene presto sostituito da quello a cuscinetti, mentre per il molleggio si montano ammortizzatori sulle forcelle (come le mountain Bike odierne). Con l’adozione di ruote più grandi, aumenta la velocità e si cominciano a studiare anche rapporti di moltiplica posteriori, che sfoceranno poi nel cambio automatico (per gli ufficiali).
Le biciclette allora più in auge sono, la Bianchi, la Carraio, la Costa, la Rossi Melli. Nel 1911 il ministro della Guerra indice un concorso tra ditte costruttrici nazionali (11) per scegliere il modello ufficiale. La prova è eseguita su un percorso di 3.000 Km, in gran parte costituito da strade polverose e bianche. A prova ultimata sarà vincitrice la Bianchi. Verranno costruite oltre 7.000 biciclette negli anni successivi. Finite le istruzioni preliminari in addestramento, si esce finalmente in strada per le grandi tappe di trasferimento o per le manovre. Le esercitazioni sono normalmente di 120 km da compiersi in 7-8 ore. Viene studiata una bicicletta con cambio per gli ufficiali ed una versione per il trasporto di mitragliatrici in tre pezzi di 14 kg ciascuno. Oltre al modello da truppa e da ufficiale come detto, si producono da parte dell’arsenale del genio in Pavia, biciclette che sono cedute con agevolazioni di pagamento per uso personale agli ufficiali. Dopo la guerra, tutti i reggimenti bersaglieri si trasformano in ciclisti adottando l’ultima nata di casa Bianchi, il modello 23 quella giunta fino ai giorni nostri.


La bicicletta da ufficiale era simile a quella da truppa con ruota a scatto libero, fanale, freno anche posteriore a filo di acciaio, parafanghi, campanello, porta sciabola anteriore e borsetta porta attrezzi sotto la sella Gli ultimi ad inforcare biciclette regolamentari sono stati i nostri Carabinieri in servizio nelle piccole stazioni. Scomparve nella 2° Guerra Mondiale dopo 45 anni di vita; Un ricordo che rimarrà impresso nella memoria con caratteri di fuoco e sangue, sublimato dal sacrificio nella 1° Guerra Mondiale (1915-18) dei battaglioni Bersaglieri ciclisti.
DIVISA ED EQUIPAGGIAMENTO
Il bersagliere ciclista portava il fez rosso, copricapo tipico del corpo, con la divisa da fatica o da libera uscita e l’elmetto per gli spostamenti in bicicletta in tempo di guerra. Portava inoltre la mantellina al posto del pastrano, giberne senza gli spallacci (13/16) e gambali di cuoio allacciati esternamente con cinturini. Il resto della divisa era uguale a quella degli altri fanti dell’esercito. Nel 1940 venne distribuita una nuova giacca a vento con passanti per le giberne anche in versione estiva. L’armamento era costituito dal moschetto ’91 TS (truppe speciali) e dalla pistola Beretta per ufficiali, graduati e porta arma – tiratore Breda ’30. I componenti la squadra fucile mitragliatore portano inoltre, divise fra loro, 7 giberne per caricatori di riserva e una fiasca per olio.